Nella città vive un’ attesa liquida e la conosco. Anche la città è liquida: si perde in trasparenze tra rami spogli. Gocce si posano sulle labbra socchiuse da lì nascono alberi e case.
Mai stati uomini,
solo un’attesa a stellarsi in speranza a modularsi in memoria Finestrelle di abbandono nel muoversi delle mani che ha la gente.
Spiragli di risvegli nel roteare degli occhi. negli sguardi socchiusi indagatori Pensieri a perdersi nelle parole regalate e nei silenzi quando si accaniscono tra i denti. Tutto è sospeso nell’istante!
E quest’attesa non è balorda, non ha rubato le chiavi del cancello dell’orto Non mangia a sbafo. Fa il pelo e il contropelo a prudenze imbroglione e calcolati rischi
E’ attesa vera, come vera è la polvere di quel mucchietto d’ore che tenevo lì sul cassettone
Delfín Prats Pupo è un poeta e traduttore cubano nato il 14 dicembre 1945 a La Cuaba, nella provincia di Holguín, noto per la sua voce poetica raffinata e l’uso singolare della metafora.
C’è un luogo chiamato umanità,
un bosco umido dopo la tempesta,
dove il sole abbandona il frastuono del combattimento;
una fonte, un ruscello, una mattina aperta dal paese
che va verso i campi in groppa a un asinello.
C’è un amore diverso, un volto che ci guarda da vicino,
chiede della nuova stagione della semina
e inventa un tempo diverso per il canto,
un bisogno di rifare ogni cosa da capo,
anche le più semplici:
lavarsi al mattino, cullare il bambino quando piange,
o inchiodare la cassa del nonno,
sorridere quando qualcuno ci chiede
il perché della povertà dell’estate e, senza parlare,
andare nel bosco a prendere legna per ravvivare il fuoco.
C’è un posto sereno, ritrovato e dolce,
un luogo chiamato umanità.
Antonio Porta (1935 – 1989), pseudonimo di Leo Paolazzi, è stato uno scrittore, poeta e critico letterario italiano.
Prego che la poesia
forte e pietrificata
in passato e futuro
voglia sgorgare adesso liquida
musica su da un pozzo inesauribile
(fin che l’uomo abiti la terra)
e questo scorrere sorgivo e antico
passa dal filtro mio
ma è poi di tutti,
insieme ci mettiamo in ascolto.
Diego Valeri (1887 – 1976) è stato un poeta italiano noto per le sue opere che esplorano la natura e l’esperienza umana, con una particolare attenzione ai temi della vita e della morte.
John Lawrence Ashbery, (1927 – 2017) è stato un poeta statunitense. Una sua corposa antologia è stata pubblicata in Italia nel 2008 da Luca Sossella Editore, con il titolo Un mondo che non può essere migliore e la traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan.
This Room
The room I entered was a dream of this room.
Surely all those feet on the sofa were mine.
The oval portrait
of a dog was me at an early age.
Something shimmers, something is hushed up.
We had macaroni for lunch every day
except Sunday, when a small quail was induced
to be served to us. Why do I tell you these things?
You are not even here.
Questa stanza
La stanza in cui entrai era il sogno di questa stanza.
Certo tutti quei piedi sul sofà erano miei.
Il ritratto ovale
di un cane ero io in piú tenera età.
Qualcosa riluce, qualcosa viene azzittito.
A pranzo mangiavamo pastasciutta tutti i giorni
tranne la domenica, quando una quaglia veniva indotta
a esserci servita. Perché ti dico questo?
Nemmeno sei qui.
José Watanabe (1946–2007) è stato un poeta peruviano di origini giapponesi e andine. La sua poesia unisce semplicità e profondità, spesso ispirata dalla natura e dalla saggezza orientale. È considerato una delle voci più originali della poesia latinoamericana contemporanea.
In questa profonda volta di cattedrale, ieratici come una triste squadra di stuccatori, i santi attendono il restauratore. Su un altare dopo l’altro, si sono deteriorati, attaccati da mosche, tarme e abusi di fede. Qui non sono più San Francesco, San Valentino, San Giuda – chiunque è chiunque – grumi umani, sfigurati e senza nome, in attesa del vecchio restauratore morto da tempo. Questi santi anonimi che furono pregati, celebrati, contemplati con infinita devozione, ora sono i miei santi. Qui sono l’unico fedele e il prelato. Mi inginocchio davanti a loro e prego con più solidarietà che fede.
Se tu smettessi di baciarmi
Credo che morirei soffocata
Hai quindici anni ne ho quindici anch’io
In due ne abbiamo trenta
A trent’anni non si è più ragazzi
Abbiamo l’età per lavorare
Avremo pure diritto di baciarci
Più tardi sarà troppo tardi
La nostra vita è ora
Baciami!
SalvatoreToma nasce l’11 maggio 1951 a Maglie, in provincia di Lecce. Inizia a scrivere fin da giovanissimo, pubblicando le sue prime raccolte con case editrici minori. Negli anni Ottanta la sua poesia inizia a circolare presso un pubblico più esteso grazie all’interessamento di Maria Corti che, dopo averne promosso la pubblicazione su «Alfabeta», curerà l’antologia Canzoniere della morte, uscita postuma nel 1999, divenendo rapidamente un caso letterario. Muore a trentacinque anni, il 17 marzo del 1987, probabilmente a causa della cirrosi epatica. Nel 2020 Musicaos ha pubblicato il volume Poesie (1970-1983) in cui si raccolgono le sei opere poetiche edite in vita: Poesie. «Prime rondini» (1970), Ad esempio una vacanza (a Babi) (1972), Poesie scelte(1977), Un anno in sospeso (1979), Ancóra un anno (1981), Forse ci siamo (1983).
Marco Antonio Campos (nato nel 1949 a Città del Messico) è un poeta, narratore, saggista e traduttore messicano. Le sue opere esplorano temi di memoria, amore e perdita, con uno stile lirico e riflessivo. Ha ricevuto numerosi premi letterari e tradotto importanti poeti europei, tra cui Baudelaire e Rimbaud.
La notte scorsa, nel giardino dei sogni, ti ho visto: eri nelle rovine e negli archi
Oggi, quando mi sono svegliato, ho guardato fuori dalla finestra e tra le rovine e gli archi c’era una fontana di uccelli.
Paulo Leminski (Curitiba, 1944–1989) è stato un poeta, scrittore e traduttore brasiliano, figura di spicco dell’avanguardia poetica degli anni ’70.
Influenzato dal concretismo e dalla cultura pop, ha saputo unire rigore formale, umorismo e sperimentazione linguistica.
La sua produzione, intensa e multiforme, continua a esercitare un forte impatto sulla poesia contemporanea brasiliana.
Autrice tradotta all’estero, Elisa Biagini ha vissuto a lungo negli Stati Uniti e ha portato nella poesia italiana un respiro internazionale. I suoi versi sono scarnificati, intensi, quasi tattili. Libri come Nel bosco e Da una crepa parlano di assenze, distanze, maternità. Insegna scrittura e continua a formare nuove generazioni di autrici.
Joan Vinyoli (1914 – 1984) è stato un poeta spagnolo. Autodidatta, ha iniziato a lavorare a 16 anni nell’editoria e ha pubblicato il suo primo libro di poesie, Primer desenllaç, nel 1937. La sua opera si distingue per una evoluzione dal simbolismo e dal romanticismo tedesco a una poesia di tono più realistico-esistenziale: ricorrenti nei suoi versi sono la memoria, il tempo che fugge e l’indagine interiore.
Morire, dormire,
non so come affrontare il giorno nuovo
Giornata fredda
moncone viola, io senza appetito,
con la pipa che pende dalla mia bocca da pescatore arreso.
Ángel González (1925–2008) è stato un importante poeta spagnolo appartenente alla Generación del 50, noto per una poesia civile, ironica e profondamente umana.
Nato a Oviedo, visse la Guerra Civile da bambino e trasformò quell’esperienza in una voce poetica lucida e solidale.
Dal 1970 visse a lungo negli Stati Uniti come professore universitario, continuando a pubblicare opere fondamentali per la poesia contemporanea spagnola.
Una rivoluzione. Poi una guerra. In quei due anni, che erano un quinto della mia vita, avevo già sperimentato sensazioni diverse. Ho immaginato più tardi cosa significhi combattere da uomo. Ma da bambino, per me la guerra era semplicemente: lezioni sospese, Isabelita in mutande in cantina, cimiteri di automobili , appartamenti abbandonati, fame indefinibile, sangue trovato per terra o sui selciati della strada, un terrore che durava quanto il fragile rumore del vetro dopo un’esplosione, e il dolore quasi incomprensibile degli adulti, le loro lacrime, la loro paura, la loro rabbia soffocata, che, attraverso una fessura, entrava nella mia anima solo per svanire poco dopo, davanti a una delle tante meraviglie quotidiane: il ritrovamento di un proiettile ancora caldo, l’incendio di un edificio vicino, i resti di un saccheggio, carte e ritratti in mezzo alla strada… Tutto passò, tutto è sfocato ora, tutto tranne ciò che a malapena percepii allora e che, anni dopo, riaffiorò dentro me, per sempre: questa paura diffusa, questa rabbia improvvisa, questi imprevedibili e genuini impulsi a piangere.
Adonis, pseudonimo di Ali Ahmad Said Esber (nato nel 1930 in Siria), è uno dei più importanti poeti e saggisti del mondo arabo contemporaneo. Innovatore del linguaggio poetico arabo, ha unito tradizione e modernità attraverso una profonda riflessione sulla cultura e sull’identità. Esule in Libano e poi a Parigi, la sua opera esplora il rapporto tra poesia, libertà e spiritualità.
Perso, getto la mia faccia nella polvere, e al mattino la getto nella follia. I miei occhi sono d’erba e di fuoco. I miei occhi sono bandiere ed emigranti.
Perso, getto la faccia nella polvere e nel mattino. Sono nato alla fine della strada. Grido. E lascio che la strada e la polvere gridino con me.
Quanto è bello che il mio volto, o Dio, si perda in me! Quanto è bello che io sia perduto, pieno di fuoco! O tomba! O mia fine all’inizio della primavera!
Sprofonderà l’odore acre dei tigli
Nella notte di pioggia. Sarà vano
Il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l’indolenza,
il ricordo di un gesto, d’una sillaba,
ma come d’un volo lento d’uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un’ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un’acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore.
Fran Bariffi (nato a Azul, Argentina, nel 1998) è un giovane poeta e studente di Lettere presso la Universidad de Buenos Aires; pubblica e cura progetti editoriali con le realtà “Evasión” e “Pequeña Fortuna”. La sua prima raccolta poetica è intitolata El borde azul (Buenos Aires, 2024), in cui lavora sul linguaggio e l’identità con toni intimi, urbani e riflessivi.
Vedo alberi vecchi di 300 anni, sagome di angeli e antiche scalinate in pietra come nelle foto di Parigi o di qualche antica città delle Ande.
È un piacere raro sedermi alla mia scrivania e prendermi dieci minuti per scegliere due parole, assorbito dall’azzurro dell’aria che passa dall’atmosfera alle mie dita e rilascia il suo flusso come un fiume sulla carta.
E ogni volta che apro il quaderno vedo la stessa porta, la stessa cornice blu perla, lo stesso corridoio che conduce allo stesso luogo senza tempo in cui sono stato mandato a giocare.
Vincenzo Cardarelli (1887 – 1959), nato Nazareno Caldarelli, è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano insignito del Premio Strega nel 1948.
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Miguel Hernández (1910–1942) è stato un poeta e drammaturgo spagnolo nato a Orihuela. Autodidatta, ha unito nelle sue opere lirismo pastorale e impegno politico, partecipando attivamente alla Guerra Civile Spagnola al fianco dei repubblicani. Morì in prigione sotto il regime franchista, lasciando un’eredità poetica intensa e tragica.
Henryka Łazowertówna (1909–1942) fu una poetessa polacca appartenente alla generazione tra le due guerre, nota per uno stile delicato e intimamente lirico. Studiò filologia polacca all’Università di Varsavia e partecipò attivamente alla vita letteraria della capitale. Collaborò con riviste e antologie, distinguendosi per poesie che univano sensibilità moderna e attenzione per la fragilità umana. Durante l’occupazione nazista visse nel ghetto di Varsavia, dove continuò a scrivere e a lavorare per l’organizzazione di aiuto sociale Żegota.Fu deportata e uccisa a Treblinka nel 1942, lasciando un’opera breve ma molto intensa, tra cui è celebre la poesia “La piccola strega” (Mała stacja) dedicata agli orfani del ghetto.
Il ponte sul nulla ora è in abito da sera crespo l’ignavia sta a guardare una donna violentata tenere in pugno i suoi ragli di asina scuoiata mentre la parola diventa macigno urlante dentro il suo occhio